Sale, grassi e zuccheri. Spesso l’abitudine all’uso fa dimenticare quanto questi elementi possano alterare e coprire i sapori primari delle materie prime, senza contare poi i loro effetti (non sempre positivi) sulla salute. Ecco che la “Cucina del Senza” (nell’accezione specifica ideata da Marcello Coronini) entra nei ristoranti come concetto innovativo e, pur nella sua semplicità, basilare e rigoroso.
L’essenzialità, il rigore e l’eleganza sono nozioni che trovano riscontro da anni, in diversi campi, settore gastronomico incluso. Fattori che indirizzano a uno stile di vita in cui l’autenticità viene premiata dalla qualità degli ingredienti utilizzati e che puntano alla percezione del loro sapore primario facendone emergere l’essenza e riattivando le papille gustative, altrimenti omologate, quando non assuefatte o dipendenti, da gusti troppo salati, dolci, grassi. Un progetto, questo della Cucina del Senza, che si parte dalla selezione delle materie prime, aspetto semplice ma non semplicistico, genuino, ma non banale, che pone le basi del suo fondamento nell’eccellenza “a monte”, cuore pulsante di ogni piatto, che consente “a valle” di evitare aggiunte, in particolare di sale, grassi e zuccheri. Non si tratta di un estremismo che rifiuta, ma di una prospettiva che anzi accoglie ed esalta ingredienti che questi elementi (sali, grassi e zuccheri) li contengono naturalmente. In Italia, fonte di materie prime la cui varietà e gusto incontrano i palati di tutto il mondo, nonché culla di una delle diete più salubri del pianeta, questo concetto di cucina ha qualcosa di verace, ancestrale e allo stesso tempo si evolve continuamente, andando a indagare nuove frontiere del sapore nell’incontro con altri fattori.
Ne sono un esempio su tutti le spezie, protagoniste di cucine esotiche e vere e proprie esaltatrici di gusto, che con i loro diversi caratteri riescono a dare ognuna un altrettanto diversa personalità ai piatti. Ecco che da questa conoscenza emerge una multiculturalità culinaria, in cui il riso Carnaroli può essere esaltato da una curcuma del Sud-Est asiatico e la volta successiva rinfrescato da una menta dell’Africa settentrionale. Le soluzioni si espandono e le spezie, provenienti da ogni dove, diventano alleate e inconsapevoli complici di uno stile di vita sano. Si dimostrano infatti capaci di dare sensazioni gustative anche forti, che fanno dimenticare con naturalezza la necessità indotta di sale e zucchero in particolare.
La Cucina del Senza ha regole scritte ben precise e determinanti per una regolazione del nostro organismo, individuate dal fondatore del progetto Marcello Coronini che ne ha fatto un vero e proprio movimento. Secondo questi principi gli ingredienti utilizzati possono ovviamente contenere grassi, sale e zucchero, indispensabili per la nostra alimentazione, ma questi possono essere sufficienti a fornire il loro apporto in quanto naturalmente presenti negli alimenti. A dover essere evitate sono appunto le aggiunte. Si scopre così una cucina in cui la ricerca è sulla materia, anche nella sua natura biologica e chimica, nonché sulle possibilità di lavorazione. È una filosofia che premia lo studio e la cultura, e dove inevitabilmente le spezie trovano grandi possibilità di espressione grazie alla loro innata capacità di conferire sfumature ogni volta differenti ai piatti e, se usate con discrezione, di rispettare i protagonisti.
La Cucina del Senza si rivela così seducente opera di indagine, avvincente nel suo partire dalle radici e che a esse torna in una evoluzione continua e circolare. Si scopre che la Natura offre molte più potenzialità di quelle che immaginiamo, solo attraverso linee guida e regole precise gli chef possono realizzare, in maniera tutt’altro che ovvia, piatti di volta in volta senza l’aggiunta di grassi, sale e zucchero. Lo scopo ultimo è quello di creare una cucina gustosa, ma anche attenta alla salute, dove l’equilibrio tra benessere psicofisico e piacere della tavola trovano non solo armonia, ma vere sinergie. Anche l’Università di Milano sta lavorando in questa direzione, racconta proprio Coronini, sviluppando quel percorso scientifico necessario a dimostrare gli effetti di questo stile di cucina. E la modifica degli stili alimentari diventa così qualcosa di arricchente nel quotidiano tanto che l’apparente azione di togliere diventa mezzo per aggiungere valore e gusto. Il compito riservato agli chef del futuro è così quello di immaginare l’esperienza al palato fin dagli ingredienti primari, con la responsabilità di studiarne le potenzialità, la sapidità o la dolcezza che sapranno sprigionare con le lavorazioni, gli abbinamenti e i sistemi di cottura più adatti.
Ma si va anche oltre, se pensiamo al valore benefico di molte spezie, alcune dalle note proprietà di protezione della salute o di prevenzione di alcune malattie. In quest’opera, dunque tanti ingredienti vengono sostituiti dalla creatività degli chef e dalla padronanza di pochi, ma davvero buoni, protagonisti nel piatto. Una scelta da operare ogni giorno, come emblema della qualità, di un dialogo con materie che parlano da sole e sono capaci grazie all’apporto umano di restituire emozioni. Non occorrono dunque tanti protagonisti: mai come oggi, nel numero di elementi, nell’eliminazione delle aggiunte, in cucina vale il Less is More.