Occhi pieni di cibo. Forse più della pancia. Uno dei fenomeni più evidenti degli ultimi anni è stata la vertiginosa ascesa del cibo tra le “star” più fotografate sui social network, Instagram in primis. L’hashtag food veleggia verso i 380milioni di post; #foodporn ha superato quota 220 milioni e #foodphotography ha scollinato oltre quota 50 milioni.
«Un fenomeno che il tempo del coronavirus ha ulteriormente accentuato - racconta Paolo Niccolò Giubelli, coautore con Bruno Faccini del libro “Foodporn. L’arte di fotografare il cibo” di prossima uscita per Tecniche Nuove - grazie anche a tanti chef, famosi e meno famosi, che si sono all’occorrenza trasformati in “instagrammer”, proponendo ricette facili da replicare a casa (uno per tutti: Bruno Barbieri), per tutti o per i propri clienti; basta guardare quante foto di piatti compaiono sotto l’hashtag #iorestoacasa e quanti hashtag legati a #iorestoacasa hanno a che fare con piatti, cucina, ricette e simili».
Così, un fenomeno nato da un pubblico di consumatori “voyeur” (#foodies è un altro hashtag da oltre 20 milioni di post) grazie alla contemporanea esplosione di blog e di smartphone, è diventato progressivamente un canale di grande interesse anche per gli chef: «Vedo un duplice interesse - spiega Bruno Faccini - da un lato Instagram offre una grande vetrina dove promuovere la propria attività, come si è visto anche in questi periodi di chiusura forzata. Dall’altro, però, costituisce anche un’enorme finestra sul mondo che permette di prendere idee, spunti, ispirazioni. E, perché no, di stabilire contatti e relazioni professionali sulla base di affinità o interessi comuni».
Promuoversi su Instagram
Sul fronte della promozione del proprio locale o del proprio brand, Faccini suggerisce di partire da due riflessioni: «La prima è di pensare a quello che ci caratterizza, cercando di ragionare in termini di nicchie di mercato. Se individuiamo qualche nicchia in cui possiamo dire la nostra, il primo passo è cercare se ci sono degli hashtag già esistenti che hanno un certo seguito, come, ad esempio, accade per #glutenfree o #km0: usandoli, sappiamo di parlare a un pubblico di persone interessate. Un’altra strada è crearci una nostra community, partendo dai propri clienti ma con l’idea di catturare l’attenzione di altri potenziali clienti: nella scelta dell’hashtag o degli hashtag che ci identificano, l’ideale è provare a pensare quali potrebbero essere quelli che il tipo di persone con cui voglio rapportarmi cercherebbero in rete».
L’invito è ad alzare lo sguardo oltre al piatto: «L’ideale è scegliere degli hashtag che possono essere d’interesse per i nostri potenziali clienti e continuare a usarli nella nostra comunicazione: per esempio, se fossi un ristorante di cucina tipica regionale, userei gli hashtag che identificano la città, magari la squadra della città (con tanto di sciarpa) o il nome dei piatti tipici più famosi. Più si riescono a incrociare, in modo credibile, mondi diversi più si amplifica la potenza del mio messaggio».
Aggiornamento professionale e nuove collaborazioni
L’altro aspetto interessante di Instagram è quello dell’aggiornamento professionale: «Guardando #foodphotography, per esempio - spiega Giubelli - posso prendere spunto su come fotografare i miei piatti in modo da esaltare le loro qualità o avere idee per modificare impiattamenti e presentazioni. Ma è utile anche seguire i personaggi più influenti, quelli con più seguito, per carpire loro qualche trucco comunicativo o scoprire come lavorano». Più in generale, gli stimoli visivi - magari legati ad ambiti che non c’entrano con la cucina ma sono affini ai gusti personali - possono dare agli chef nuovi spunti da cui partire per le proprie creazioni.
«Ma non bisogna pensare a Instagram solo come vetrina o come schermo da cui assorbire immagini - conclude Giubelli -. Perlustrare mondi a noi affini, infatti, ci permette di scoprire persone o aziende che hanno approcci vicini o complementari ai nostri, con le quali magari possiamo provare a stabilire nuove relazioni per costruire collaborazioni, sinergie, iniziative, scambi». Intrecciando in un’unica trama la vita on line con quella off line.