La cucina è aperta: uno strillo che avevamo da tempo in canna, e aspettavamo solo il momento buono per spararlo in copertina.
Chi l’avrebbe detto, perciò, che dopo sei mesi e più di chiusure forzate, a catalizzare l’attenzione fosse la mancanza di personale? Numeri alla mano, in 14 mesi di pandemia sono andati in fumo 514mila posti di lavoro, più del doppio dei 245mila creati tra il 2013 e il 2019. Dove è finito dunque questo esercito di sous chef, capi partita, camerieri e tuttofare? C’è chi lamenta la scarsa propensione dei giovani “al duro lavoro” e il fatto che in molti si “accontentano” ormai della Naspi (indennità mensile di disoccupazione). E c’è chi invece lamenta retribuzioni e tutele inaccettabili.
In realtà gli aspetti da considerare sono molti di più.
Per esempio il fatto che in molti siano fuggiti all’estero sulle rotte dei vaccini, pur di non rimanere fermi. Ancora: nelle grandi città, i camerieri erano soprattutto studenti, che per mantenersi agli studi si dedicavano a questa attività, ma con la didattica a distanza sono tornati al “paesello”. Non ultimo, il quadro normativo e le regole che cambiano dall’oggi al domani. Senza nessuna certezza, per nessuno.
Gli esempi virtuosi non mancano e nel numero di Ristoranti di maggio ve li raccontiamo. A beneficio di tutti, anche la nostra guida esclusiva alle forme contrattuali in uso con un focus sul nuovo contratto di apprendistato, possibile via d’uscita per molti imprenditori.