Gianfranco Pascucci è uno chef da sempre orientato alla ricerca e alla sperimentazione. Intuibile, dunque, che non rimanesse con le mani in mano in questi mesi di chiusura e restrizioni, periodo in cui ha invece dato spazio e forma a nuove idee e iniziative. La più interessante è senza dubbio la creazione di un laboratorio di ricerca dentro al rinomato ristorante Pascucci al Porticciolo, in quel di Fiumicino (Roma), da lui gestito con la moglie Vanessa. Il laboratorio consiste in uno spazio di 20 mq prima inutilizzato e adesso dedicato alla valorizzazione di nuovi ingredienti e materie prime. Cioè alla fase finale della ricerca propedeutica sul territorio, che si è molto sviluppata proprio nei mesi del lockdown.
Nuove aziende, nuovi prodotti e nuove collaborazioni
Ricerca di cosa? Di nuove aziende, di nuovi prodotti e collaborazioni. «Per capire come lavorano i potenziali fornitori e come sviluppare sinergie su ingredienti, specialità e materie prime», ci dice lo stesso Pascucci.
Arrivano da questa fase di riflessione ed esplorazione ingredienti come il burro fermentato o ricette che usano il fieno maggengo di primo taglio. Elementi, questi, con cui ha creato ad esempio un nuovo dolce, una bavarese di fieno maggengo, gelato al burro ed emulsione di latticello; il tutto grazie anche a nuove collaborazioni con aziende e allevamenti locali.
Un’altra interessante iniziativa, che si è tradotta in nuovi piatti, si ricollega all’attività di ambasciatore WWF. Pascucci sta infatti sviluppando un progetto sui sapori delle oasi d’Italia, indagando quali erbe e aromi spontanei utilizzare in cucina. Nell’oasi di Orbetello è stato concluso un lavoro di certificazione del muggine e, grazie a un marchio ad hoc, è stata restituita dignità commerciale a questo pesce, passato così da un prezzo di un paio d’euro a 12 € al kg. E ne è nato pure un piatto, il Muggine nell’oasi di Burano, un crudo marinato con erbe spontanee dell’oasi stessa.
E nuove ricette
Per il resto il ristorante continua a lavorare su nuove ricette, al passo con i tempi. Tra i piatti oggi in carta troviamo ad esempio il Mare di plastica, uno spaghettino al nero di seppia e limone con una finta plastica di obulato (il foglio alimentare che crea una specie di corona al piatto), cotto in un infuso di seppia e mantecato in burro, che parte quindi dal concetto degli scarti, in chiave di denuncia ambientalista. Un altro piatto sono i Gamberi Barbecue con fegato di pescatrice e mirtilli fermentati; un piatto che usa anche gli alcolici in cottura: il gambero è infatti prima sfumato al Brandy e poi ripassato al barbecue. La naturalezza trionfa sia con la Triglia cruda, con riso mandorle miele e agrumi; sia con il Centrolofo viola, un pesce di profondità a carne bianca, marinato nelle spezie, con patate e salsa di chimichurri. Tra i dolci, il Mare d’Oriente, a base di vari tipi di tè.