“Sono come ti mi vuoi” sussurrava la grande Mina quarant’anni fa, quando una frase come questa, pronunciata da una donna, poteva essere considerata normale. Oggi le cose sono cambiate: ognuno vuole essere come è ed essere amato per quello che è: la libertà d’espressione non vale più la gratificazione di un consenso ambito.
Passando dalle questioni di genere a quelle gastronomiche, un contenuto diametralmente opposto a quello della sensuale dichiarazione di Mina arriva dagli chef Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi, del ristorante Giglio di Lucca. Al grido di "Non vogliamo preoccuparci dei vostri standard" i tre hanno restituito la loro prima (e si suppone ultima) stella alla Guida Michelin.
Di frasi, a onor del vero, ne hanno pronunciate anche altre. Come “Torniamo liberi”, "Vogliamo che il Giglio sia un ristorante in cui andremmo a mangiare tutti i giorni!", "Vogliamo un ristorante che ci somigli» o ancora "Vogliamo tornare ad essere il ristorante di una volta e mettere in scena quello per cui siamo sempre stati famosi: una cucina contemporanea, giocosa, condita da un pizzico di anarchia". Insomma, un vero e proprio proclama dove il sapore risorgimentale è abbinato a quello delle libere specialità dei tre cuochi.
Dal canto suo, la Michelin ha replicato: "Non si rinuncia alla stella. È sufficiente non inviare il modulo".
Una risposta secca, fredda e piccata la cui laconicità più che a un dignitoso distacco fa pensare alla stizza per la lesa maestà. Peccato, perché poteva finalmente dire la sua sulla questione se sia vero o no che i ristoratori stellati sono come li vogliono gli ispettori della guida.