Decreto Vino Dealcolizzato. Che ne pensa il settore?

I commenti di Federvini, Unione Italiana Vini e AssoDistil allo schema del Decreto del Masaf sui vini “Dealcolizzati” con il quale viene consentita e disciplinata la pratica di dealcolazione

È stato presentato al Masaf, dal Ministro Francesco Lollobrigida, lo schema del decreto ministeriale “Dealcolizzati” sulla base del quale verrà consentita e disciplinata anche in Italia la pratica di dealcolazione con la conseguente produzione di Vini Nolo (no e low alcool). Il Dm contempla, per larga parte, le linee tracciate dalla normativa Ue. Tra gli elementi salienti, la definizione e classificazione del vino dealcolizzato (titolo alcolometrico non superiore a 0,5%) e parzialmente dealcolizzato (titolo alcolometrico superiore a 0,5% ma inferiore al minimo della categoria originale, 8,5%/9%). Definizioni, queste, che dovranno essere riportate nelle nuove etichette a seguito della categoria vino.

La dealcolizzazione, che non sarà consentita ai prodotti Dop e Igp, dovrà avvenire esclusivamente tramite i processi stabiliti dall’Ue utilizzati singolarmente o congiuntamente secondo le modalità di parziale evaporazione sottovuoto, tecniche a membrana e distillazione. Sarà vietato aumentare il tenore zuccherino del mosto e aggiungere acqua o aromi esogeni al prodotto, mentre sarà consentito il recupero e riutilizzo dell'acqua e degli aromi endogeni dalla soluzione idroalcolica derivante dal processo, a condizione che avvenga in un circuito chiuso e automatico.
Il processo di dealcolizzazione oggi più utilizzato in Europa, infatti, è quello a membrane, che prevede l’ottenimento di 10 litri di acqua con un basso titolo alcolico per ogni litro di vino trattato. Per questo i costruttori hanno abbinato alle membrane impianti di concentrazione dell’alcole etilico, così da restituire separatamente acque pulite ed alcole etilico, poiché anche eticamente non sarebbe accettabile lo spreco di un bene prezioso, come è appunto l’acqua.

Secondo le ultime previsioni, il vino dealcolizzato potrebbe conquistare subito una quota di mercato dello 0,5% con una crescita stimata dalla Commissione UE del 15% all’anno. E’ per il momento una nicchia di mercato, ma se rapportata alla produzione media di vino in Italia si tratterrebbe comunque di 22,5 milioni di litri all’anno di vino dealcolizzato e quindi di avviare allo smaltimento 225 milioni di litri di acqua!
Molto interessanti le reazioni e i commenti dei massimi rappresentanti della filiera del vino che di sicuro contribuiranno al perfezionamento del progetto.

Unione italiana vini

Salvo alcuni elementi certamente perfezionabili, Unione italiana vini (Uiv) ritiene che la bozza definisca un quadro normativo chiaro e dettagliato, in grado di tutelare la qualità del prodotto e l'informazione al consumatore. Uiv è convinta che l'introduzione di queste nuove categorie di prodotti da una parte possa rappresentare per il settore un allineamento con i competitor europei a 3 anni di distanza dalla pubblicazione del regolamento comunitario, dall’altra offrire nuove opportunità per il settore vitivinicolo italiano, aprendo a nuovi mercati e target di consumatori complementari alla domanda di vini convenzionali.

Uiv, quindi, valuta positivamente l’impianto normativo proposto. Gli aspetti migliorabili si legano in particolare alla possibilità di consentire che le operazioni di dealcolizzazione possano avvenire nello stesso stabilimento dove avvengono le operazioni di vinificazione/imbottigliamento, ma in ambienti separati e non intercomunicanti, come indicato dall’Icqrf (e non in “stabilimenti” separati). A ciò si aggiunga il trattamento come rifiuto - anziché sottoprodotto - per le sostanze idroalcoliche ottenute con tecnica a membrana a contatore in ragione dell’antieconomicità nell’utilizzo per altri impieghi.

In conclusione, Uiv auspica che all’importante cambio di marcia impresso oggi faccia seguito un’approvazione rapida del provvedimento da parte del ministro Lollobrigida, atteso prima del prossimo Natale.

Federvini

Secondo Federvini, la nuova misura - attesa dai produttori italiani interessati allo sviluppo di questa nuova tipologia di prodotti - permetterà di superare l’attuale assetto normativo che rendeva di fatto impossibile produrre sul territorio nazionale un vino anche solo parzialmente dealcolato, obbligando di conseguenza i produttori interessati a recarsi all’estero per poter investire su questo nuovo e crescente segmento di consumo.

«Il decreto, frutto di una proficua riflessione convergente tra le diverse componenti della filiera e il Ministero, - ha dichiarato Piero Mastroberardino, Vice Presidente di Federvini - da un lato punta a ristabilire condizioni di parità competitiva con gli altri Paesi produttori, per altro verso ha lo scopo di integrare, non sostituire, le tipologie di prodotto che rappresentano gli output della filiera nazionale, che deve proseguire l’opera di consolidamento del proprio ruolo guida nella crescita di valore e nel contempo sostenere il potenziale produttivo e il rapporto con i mercati».

Federvini ha inoltre evidenziato l’importanza di regole chiare e orientate all’efficienza, evitando vincoli operativi che potrebbero ostacolare l’efficacia e la competitività delle nostre imprese.

«Sarà fondamentale – ha aggiunto Piero Mastroberardino - che questi nuovi vini preservino un solido legame con la materia prima agricola, guidando i consumatori alla continua scoperta della ricchezza della nostra produzione vitivinicola».

Assodistil

AssoDistil ha voluto puntualizzare chiaramente alcuni importanti aspetti che non sembravano essere stati recepiti nella bozza presentata per la discussione.

«AssoDistil plaude all’iniziativa del Ministro mirata a concludere velocemente l’iter normativo che consentirà agli operatori nazionali di poter finalmente produrre anche in Italia un vino senza alcole, evitando la attuale prassi di esportare vino verso altri Paesi europei in cui la dealcolizzazione è permessa, per poi reimportare lo stesso vino senza alcole per la successiva vendita sui mercati in cui tale prodotto è sempre più richiesto - afferma Antonio Emaldi, presidente della maggior associazione di distillatori italiana – Ringraziamo pertanto il Ministro Lollobrigida per la sensibilità dimostrata verso queste esigenze».

Tuttavia, vi sono alcuni aspetti sui quali non è possibile derogare, primo tra tutti quello del corretto inquadramento fiscale cui sottoporre le miscele idroalcoliche ottenute dal processo di dealcolizzazione, nel rispetto delle vigenti norme di legge previste dal D.L.vo n. 504/95, il c.d. Testo Unico Accise, al quale chiunque produca alcole etilico deve conseguentemente attenersi”.

Assodistil ha sottolineato che un Decreto non può derogare ad alcuna legge dello Stato, in particolare se prevede che ogni produzione di soluzioni alcoliche con grado superiore a 1,2% sia effettuata esclusivamente in regime di deposito fiscale di alcole, preventivamente autorizzato dall’Autorità competente: l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Solo così si potrà legittimamente produrre e commercializzare l’alcole ottenuto, prevedendone magari l’impiego esclusivo per usi energetici o industriali così da evitare turbative nei mercati alimentari, seguendo la stessa ratio che il legislatore comunitario ha voluto imporre per la distillazione di crisi del vino.

Anche il proposto inquadramento del liquido idroalcolico tra i cosiddetti “prodotti intermedi” risulta impreciso, poiché la vigente normativa individua tra questi solo il vino, il vermouth ed i sidri di frutta, che nulla hanno a che fare con l’alcole etilico ottenuto dal processo.
Né varrebbe ad evitare l’imposizione di accisa la previsione di trattare il liquido idroalcolico come rifiuto, invece che come alcol - come incredibilmente proposto da alcune associazioni presenti al tavolo, una sorta di nuovo “Miracolo di Canaan” – con il risultato che causerebbe solo oneri in capo al produttore di vino dealcolizzato, che si troverebbe a dovere pagare per lo smaltimento anziché ottenere un ricavo dalla vendita dell’alcol legittimamente prodotto, così come avviene negli altri Paesi della UE dove tale pratica è già operativa.

AssoDistil ha in ultimo ricordato che la vigente normativa che disciplina la produzione vitivinicola vieta tassativamente la detenzione di alcole negli stabilimenti enologici e che quindi sarà necessario adeguare la normativa perché qualsiasi soggetto possa accedere a tale attività nel pieno rispetto delle Leggi.

 

 

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