Andrea Gori: «Nel calice versate solo vini davvero di valore»

Paolo, chef, e Andrea (a destra nella foto), in sala, sono i protagonisti dell'Osteria da Burde
La proposta al calice, o in quartino, va ripensata dice Andrea Gori, titolare della Trattoria Da Burde. I clienti bevono meno, ma cercano qualità. Ecco perché, anche alla mescita, vanno proposte etichette che sappiano trasmettere emozioni

Andrea Gori è il titolare della Fiaschetteria Da Burde a Firenze, famosa non soltanto per la promozione della cucina toscana, ma anche per una carta dei vini ampia e in continuo movimento. Ma Gori è anche giornalista ed organizzatore di eventi legati al mondo di Bacco, nonché sommelier “informatico” che, come pochi, ha saputo raccontare il vino anche attraverso i nuovi media. A lui abbiamo posto un po’ di domande.

Non possiamo non fare riferimento subito al nuovo codice della strada che secondo alcuni non sta certo aiutando i cosumi. Cosa ne pensi?

Trattoria Da Burde, è aperta solo a pranzo, eccetto il venerdì sera in cui organizzo serate a tema con la presenza anche dei produttori. Lavorando soprattutto di giorno il decreto Salvini ha inciso meno sulle preoccupazioni dei clienti. Questo per noi è un bene, ma comunque sia, legge o non legge, le cose sono cambiate già da diverso tempo, per una questione salutistica e culturale. Le persone bevono sempre meno anche se, a mio avviso, bevono meglio.

Qual è il tuo modo di vendere il vino al ristorante?

Da Burde è possibile non soltanto ordinare una bottiglia, ma anche chiedere un calice o un quartino, ovvero 250 ml che da me sono poco meno di due bicchieri. È un dosaggio molto apprezzato, adatto a tante persone per le quali un calice sarebbe troppo poco e due troppi. Ogni settimana, ma anche più spesso, seleziono 20 etichette, dalle bollicine fino ai vini da dessert, tutte entro i 55 euro. Il più caro è il Brunello, a 55 euro appunto. Tutte queste 20 referenze si possono ordinare al bicchiere o a quartino, oppure bottiglia intera naturalmente. Cerco di fare una selezione particolare con etichette mai scontate che propongo a prezzi contenuti così da invogliare la clientela all'acquisto e soprattutto a vivere ogni volta nuove esperienze. Cambio molto spesso i vini in carta perché ho clienti affezionati, anche quotidiani, e so che variare evita di annoiarli, dandogli un motivo in più per tornare.

Come è cambiato l’approccio al vino da parte della clientela nel corso del tempo?

In una coppia ora è facile trovare chi non beve. Chi prima consumava vino solo per essere accettato socialmente, ma a cui in verità l’alcol magari non piaceva tanto, adesso non beve più. Stanno avendo successo le proposte più salutiste, come i vini dal basso grado alcolico.

Com’è cambiato il mondo del vino negli ultimi anni?

I grandi brand, i nomi che tutti sognavano e volevano bere come Sassicaia, Ornellaia e Tignanello, stanno soffrendo. Le persone hanno voglia di sperimentare cose nuove e l'idea che bere un “vinone” sia di tendenza sta passando di moda. Si spende di più, si beve meno e si beve meglio, essendoci più consapevolezza sia da un punto di vista salutistico sia da un punto di vista enologico. Consideriamo che negli ultimi 60 anni il consumo di vino è diminuito dell'80%. La fascia bassa a mio avviso non ha più ragione di esistere. Io ad esempio non compro un vino da 4/5 euro. Ciò che mi fa sorridere, e credo che sia anche l’elemento che più di tutti abbia allontanato i giovani al vino, è il ricarico che molti ristoranti, enoteche e winebar fanno sui vini a basso costo, offrendo alla clientela un prodotto non appetibile per il rapporto qualità/prezzo.

Sei anche tu preoccupato, come molti del settore, per il comparto vino da un punto di vista commerciale?

Non sono preoccupato dello stato attuale del vino, né del suo futuro, ma so che oggi, ancora più di prima, c'è necessità ogni giorno di inventarsi qualche cosa di nuovo per poter andare avanti. Bisogna essere capaci di saper raccontare alla clientela storie interessanti, narrazioni che fanno venire voglia di stappare una bottiglia e di assaggiare un'etichetta. La socialità ormai viene ricercata anche senza l'alcol.

Come si muove la media della ristorazione italiana? Potrebbe in qualche modo migliorare il suo modo di proporre e vendere vino al ristorante?

I vini al bicchiere proposti nei ristoranti a mio parere sono troppo banali. Bisogna avere il coraggio di mettere in lista cose significative. Che non vuol dire costose, bensì interessanti. Fondamentale è inoltre la formazione della sala che spesso manca. Se la sala è preparata puoi arrivare anche a proporre al calice l'intera cantina perché sai che poi riuscirai a finire tutte le bottiglie aperte. Per fare questo bisogna essere in grado di saper raccontare le etichette, le cantine e gli abbinamenti e di conoscere bene ciò che si sta vendendo. L'intelligenza artificiale potrebbe essere di grande aiuto, anche al ristoratore che non ha una grande conoscenza del vino. Grazie ad essa infatti - e provengo da poco da un'esperienza molto interessante promossa da Fontanafredda - chiunque può costruire in pochi attimi una carta, ottenere degli abbinamenti calzanti e interessanti con i piatti che propone, e avere anche a portata di mano uno storytelling da poter esporre ai clienti per invogliarli ad assaggiare ciò che si ha in cantina.

Prezzo giusto del vino al ristorante. Esiste?

Il modello dovrebbe essere quello che con due bicchieri si ricopra il costo della bottiglia. Invece il ricarico sulla bottiglia non dovrebbe superare il doppio. La ristorazione, soprattutto stellata, ha puntato a guadagnare quasi tutto con il vino. Uno dei motivi per cui si beve meno risiede anche nei ricarichi, che sono sempre stati troppo alti. Va ripensato il modello della ristorazione. I clienti adesso, anche per risparmiare, preferiscono mangiare di più e bere meno.

Come si possono avvicinare i giovani al vino?

Bisogna proporre loro prodotti a un prezzo più accessibile e con storie intriganti alle spalle. I “vinoni” alle nuove generazioni non interessano. Chi vuole emergere per la qualità della carta dei vini deve investire su piccole realtà dalla grande anima e con storie da raccontare.

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