Quel che occorre c’è, la sfida è utilizzarlo al meglio: è l’invito che arriva dai nostri esperti - uno chef con esperienza internazionale e uno specialista in attrezzature - cui abbiamo chiesto di commentare i risultati di un’indagine realizzata in esclusiva dalla società di ricerche Centro Marketing (gruppo Tecniche Nuove) per Ristoranti. Oltre cento i ristoranti di fascia medio-alta interpellati, per indagare quanto, dando per scontate le attrezzature di base, le loro cucine fossero al passo con un modo moderno (e più imprenditoriale) di fare ristorazione. «È un quadro in linea con quello che ho visto nelle cucine dei ristoranti di fascia medio-alta dei Paesi culinariamente più evoluti - afferma Carlo-Maria Ricci, chef ambassador di Alma -. La vera questione che un ristoratore deve porsi, semmai, è se sta usando le attrezzature di cui si è dotato in tutte le loro potenzialità».
«La triade forno-abbattitore-sottovuoto è ciò che fa la differenza tra un processo produttivo moderno e uno “alla vecchia maniera” - gli fa eco Francesco Faietti, marketing manager di Digrim -, dove per moderno intendiamo l’abbandono dell’idea romantica ma non realistica della cucina tutta espresso e il passaggio a una gestione più imprenditoriale del menu che garantisce allo stesso tempo una maggior salubrità di ciò che viene servito e una gestione più efficiente grazie all’ottimizzazione degli acquisti e del lavoro in cucina, quindi del personale. Lo chef oggi dev’essere un gestore di risorse e un controller dei costi».
Per Ricci forno, abbattitore e sottovuoto sono i pilastri della cucina: «L’uso combinato consente di ottimizzare la produzione, dividendo il menu in lotti, permettendo acquisti più efficienti, shelf life più lunghe e tempi di servizio più rapidi».
L’invito è a utilizzarli in tutte le loro potenzialità: «In molti casi per esempio l’abbattitore viene usato come se fosse poco più di un frigorifero aggiuntivo; e il sottovuoto si utilizza come strumento di conservazione e non, come sarebbe più corretto e utile, come una tecnica di cottura che permette risultati eccellenti sia nella standardizzazione dei piatti sia nel lottizzare le porzioni permettendo una molto maggiore velocità di preparazione».
Un altro esempio frequente di sottoutilizzo Ricci lo riscontra nel Pacojet: «Impiegarlo per gelati e sorbetti è uno spreco. Il suo valore è che permette di creare una varietà di preparazioni di grande effetto in tempi e spazi molto ridotti». Qualche esempio? «Dalla farcia dei tortellini alle basi vegetali per finire di mantecare i risotti».
Per Ricci, il valore di queste apparecchiature è duplice: assicurare una gestione più efficiente e, nel mentre, allargare lo spettro tecnico delle possibili preparazioni in cucina, permettendo di creare piatti di grande effetto a costi sostenibili.
Il punto su cui Faietti batte è l’importanza del processo di scelta delle attrezzature: «Il punto di partenza dovrebbe essere disegnare il processo produttivo che voglio realizzare e il menu che voglio proporre: da lì ricaverò le attrezzature che mi servono e il loro corretto dimensionamento».