Acqua microfiltrata: come orientare la scelta al ristorante

Pouring a glass of water from a tap.
Scelta green e di praticità, oltre che salvaspazio, la microfiltrazione dell'acqua ha molti vantaggi e qualche regola da seguire per un buoni servizio

Oltre a elettrodomestici smart e utensili super innovativi, c’è un’altra tecnologia che si rivela preziosa per gli chef che vogliono ottenere il massimo risultato dalle loro preparazioni e offrire qualità a 360 gradi. Stiamo parlando della microfiltrazione dell’acqua, che avviene attraverso dispositivi di purificazione. Ce ne ha parlato Alessandro Plebani, tecnico ambientale esperto di trattamento delle acque al punto d’uso. «Iniziare è semplice, se ci si affida ad aziende italiane che, grazie al loro know how e a figure esperte come i Tab, tecnici ambientali in biosicurezza, possono consigliare le migliori soluzioni per ogni esercizio commerciale». Si tratta di professionisti qualificati che hanno superato un corso di 100 ore promosso da Atta, l’Associazione Tossicologi e Tecnici Ambientali, quindi abilitati a utilizzare prodotti e strumentazioni per la sanificazione e operare accertamenti sull’acqua tramite specifici strumenti di rilevazione.

Gli impianti di microfiltrazione per ristoranti permettono di essere più sostenibili, di semplificare la logistica legata all’acqua, guadagnando anche in termini di spazio, e di garantire un liquido puro e buono da bere. Avere a disposizione un’acqua di qualità direttamente dal rubinetto consente infatti di eliminare l’acquisto di casse d’acqua, che devono essere stoccate all’interno di apposite zone del locale e hanno un costo nettamente superiore rispetto alla bolletta dell’acqua. Inoltre, mantenere le bottiglie in fresco occupa spazio all’interno dei frigoriferi, riducendo il volume dedicato alla conservazione degli alimenti.

«Senza le bottigliette in Pet o in vetro, viene meno anche la necessità di organizzare ritiri dei vuoti o di provvedere alla raccolta differenziata, alleggerendo la routine del personale di cucina. Questo si traduce in un’attenzione ambientale notevole, in quanto si risparmiano ingenti quantità di plastica, evitando emissioni di Co2 durante la fase di trasporto».

Il consiglio di Alessandro Plebani è quello di prenotare la visita in loco di un Tab certificato in grado di consigliare le migliori soluzioni in termini di volumi e capacità di filtrazione. «Il primo passo, insieme a un esperto, è quello di valutare la qualità dell’acqua del rubinetto del locale, verificando parametri come il residuo fisso, il pH, la conducibilità e la durezza». Il secondo step è capire il numero di coperti del ristorante, in modo da calcolare in maniera quanto più precisa possibile il consumo orario di acqua. Inoltre, è necessario anche considerare quale modello, cioè quale attrezzatura e di quale produttore, è più adatto alla struttura e allo spazio del ristorante. «In commercio esistono tre diverse soluzioni per i depuratori a microfiltrazione per i locali: quelli che si installano sotto il bancone, i modelli sopra banco, che hanno ovviamente un design molto curato, e infine i depuratori a colonna, delle macchine per installazione free-standing alte circa un metro e mezzo che possono essere collocate nel punto più comodo per il servizio». La scelta di un modello piuttosto che di un altro dipende dalle dimensioni della cucina e dallo spazio che è possibile allocare per l’impianto di depurazione.

«Una volta identificato il modello più idoneo - continua Plebani -, si procede alla fase di consegna e installazione che prevede il collegamento dell’impianto alla rete idrica da parte di tecnici specializzati e la verifica della buona riuscita con un test dell’acqua. Dopo l’installazione del dispositivo, il locale avrà a disposizione acqua liscia e gassata, a temperatura ambiente oppure fredda, direttamente dal rubinetto o dalle colonne. La microfiltrazione consente di eliminare eventuali sostanze indesiderate fino a 0,1 micron e rende l’acqua ancora più buona anche per cucinare».

Una volta in uso, l’impianto di depurazione deve essere mantenuto igienizzato dal ristoratore e, al raggiungimento del limite di erogazione, deve essere sottoposto a interventi di manutenzione ordinaria come il cambio filtri e la sanificazione per continuare a rispondere ai criteri dell’Haccp. «Chi desidera un livello di qualità ancora più efficace, può optare per l’ultrafiltrazione, che al filtro a carbone con cui si eliminano sostanze chimiche come cloro e atrazina, unisce una barriera antibatterica detta membrana a fibra cava».

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