Gli chef potranno rivendicare il diritto d'autore sulle proprie creazioni.
Per la prima volta, una sentenza della Cassazione (la n.18220/19) ha sancito il diritto per uno chef di vedersi sempre riconosciuta la paternità di una sua opera, superando le precedenti pronunce che escludevano una violazione di tale diritto nel caso in cui l’utilizzatore non avesse attribuito a sé o ad altri la paternità, ma avesse semplicemente omesso il nome dell’autore.
La legge sul diritto d’autore n. 633/1941 (l.d.a), infatti, stabilisce che tutte le opere dell’ingegno, tra cui quelle del disegno e/o delle arti figurative e similari, che presentino nella loro rappresentazione estetica un carattere creativo minimo – oltre che le opere del design industriale ove il carattere creativo sia affiancato anche da un valore artistico – sono tutelabili (si vedano gli artt. 1, 2 n.4, n.5 e n. 10 della l.d.a.).
Su questa base, le opere culinarie degli chef possono essere tutelate dal diritto d’autore in quanto equiparate ad opere delle arti figurative, del disegno e/o della scultura, i cui colori e/o forme sono realizzati con alimenti al posto di materiali non commestibili quali ad esempio tempere, pitture, tele, ecc. Quindi, al pari di tutti gli altri autori, gli chef che creano opere dell’ingegno godono di tutti i diritti morali e patrimoniali che la l.d.a. e le leggi internazionali sul copyright riservano agli autori, nonché agli artisti, interpreti ed esecutori.
A questo proposito, va considerato che i cuochi dell'alta cucina si stanno sempre più affidando al copyright per proteggere il copyright sui propri nomi, creazioni e ristoranti. Per esempio, Massimiliano Alajmo ha ottenuto un brevetto per il processo di lavorazione della pizza al vapore; lo chef Davide Oldani ha registrato la sua posata passepartout, insieme forchetta, coltello e cucchiaio; lo chef Gordon Ramsay ha ottenuto la riassegnazione del dominio gordonramsayacademy.com che era stato registrato da un altro soggetto.
Ricordiamo tutti, inoltre, l processo simulato, ma con veri giudici e avvocati, che ha visto al centro il piatto "Risotto oro e zafferano" di Gualtiero Marchesi, realizzato da un suo ex cuoco, Guido Rossi, che è stato ritenuto astrattamente responsabile di violazione del marchio di forma, design, diritto d'autore e concorrenza sleale.