La principale nemica dei gestori dei ristoranti? L’incompetenza manageriale. Lo ha raccontato Vincenzo Liccardi, presidente Fimar (Federazione italiana manager della ristorazione) e restaurant coach, a una platea di addetti ai lavori alla Fiera Mercato Mediterraneo di Roma: «Spesso il ristoratore è ancora troppo operativo: cucina, porta i piatti, insomma fa tutto tranne il manager. L’incompetenza manageriale aumenta il fattore rischio e fa chiudere i locali».
Per valutare il proprio business, Liccardi suggerisce di utilizzare uno strumento denominato Business Model Canvas. «È uno strumento strategico - afferma - utile a progettare la logica con cui il ristorante crea e distribuisce valore». Il modello Canvas è suddiviso in nove aree, ma sono tre quelle che su cui Liccardi invita a focalizzarsi maggiormente: il segmento di clientela, che indica su quale mercato si vuole andare e chi sono i clienti più importanti; le proposte di valore, che rispondono alla domanda “perché i clienti dovrebbero scegliere il tuo ristorante?”; le relazioni con i clienti. L’orientamento alla clientela è infatti la chiave del successo secondo Liccardi.
Voler farsi conoscere e raggiungere dalle migliaia di persone che verranno al ristorante una volta sola nella vita è un percorso dispendioso e non privo di rischi. La vera soluzione per mettere al sicuro il proprio business è fidelizzare 500 clienti. Liccardi lo spiega ricorrendo a semplici conti: una famiglia di quattro persone che frequenta il ristorante una volta ogni due settimane e spende in media 25 euro a testa (ovvero 100 euro a pasto) “assicura” circa 2.400 euro di fatturato l’anno, 24mila in dieci anni. «Se di clienti fedeli così ne avessimo 500 - prosegue nel ragionamento - avremmo 1,2 milioni all’anno già nel cassetto». Tutto il resto, rappresentato dai clienti occasionali, sarebbe un di più che fa aumentare gli utili. Quindi, massima attenzione alla clientela di ritorno, che va coccolata e fatta sentire come a casa propria.
Quali sono gli strumenti per rendere efficiente l’azienda? Liccardi risponde con uno schema basato su cinque punti, a partire dalla progettazione dell’impresa: si deve partire dal business model, trovando un elemento di differenziazione rispetto alla concorrenza, non senza aver segmentato la clientela e scelto su quale tipologia voler puntare. Poi c’è la standardizzazione dei processi, che consente di mantenere sotto controllo i tempi e i costi del lavoro, nonché di dare una comunicazione univoca del proprio business: produzione, servizio e comunicazione sono le parole chiave. Ancora, un buon restaurant manager fa controllo di gestione e controllo dei costi, tenendo sempre ben presenti sia i valori in uscita che in entrata. Non meno importante è la soddisfazione, che deve essere tale per tutti: per il cliente in primis, ma anche per lo staff e per chi gestisce il business. Infine, bisogna tendere a un miglioramento costante, attraverso una continua valutazione (e rivalutazione) di tutti i punti precedenti. Niente deve essere granitico, perché se c’è un modo per migliorare un processo si deve intervenire senza remore.
I processi che per Liccardi vanno implementati continuamente in azienda sono l’acquisizione e la fidelizzazione dei clienti, il riuscire a vendere di più agli stessi clienti e l’aumento dei profitti, che passa anche attraverso la riduzione dei costi di gestione e di produzione attraverso una costante raccolta di tutti i dati relativi. Ma attenzione, perché la filosofia di Liccardi non è di tagliare i costi in maniera scellerata ma solo dove ci sono degli sprechi, tanto che il suo ultimo libro si intitola “Smettila di essere tirchio”, come monito ai ristoratori.