Così la cucina vegetale sta cambiando l’alta ristorazione

Molti chef, sull’onda di una cucina sempre più green, lavorano gli ingredienti dell’orto con lo scopo di renderli protagonisti, soprattutto tra le seconde portate

Il tema vegetale sta prendendo sempre più campo soprattutto quando si osserva l’alta ristorazione dove all’ordine del giorno ci sono la ricerca di nuove e di antiche tecniche, riprese anche da Paesi lontani, che offrono uno spunto di partenza che può riuscire a far volare alto, a livello di creatività e di sapore.

Le persone che desiderano fare un’esperienza vegetale al ristorante sono in aumento, anche se resta ancora un tema di nicchia, soprattutto quando si tratta di secondi piatti per i quali nell’immaginario collettivo non possono mancare carne e pesce.

Ma la sfida, come hanno raccontato gli chef intervistati, risiede proprio in questo, ovvero nel cercare di riuscire, attraverso studio, tecnica e creatività, ad offrire ricette capaci non solo di non far rimpiangere la classicità ma anche di divenire iconiche e indimenticabili, per sapore e per estetica.

1Stefano Sforza di Opera a Torino

Per lo chef Stefano Sforza di Opera a Torino il vegetale è parte integrante della sua cucina. «Ho sempre lavorato molto con la frutta, che utilizzo per conferire acidità e una dolcezza diversa dal solito, e con i vegetali, a cui ho dedicato il menu Leguminose, un percorso che vede l’utilizzo di legumi dall’antipasto fino al dessert. Seguo le stagioni ed offro sempre prodotti di alto livello che provengono da contadini locali, alcuni dei quali sono punti saldi dello storico mercato di Porta Palazzo a Torino.

I secondi piatti sono la cosa più difficile da ideare perché devono rispecchiare il piacere di quelli fatti con pesce e con carne e devono essere di sostanza, ma senza stancare il palato».

La terrina di fagioli con salvia e melone è la dimostrazione di un piatto di ingegno e sapienza. I fagioli vengono cotti nella pentola a pressione insieme ad aromi, frullati e formati in stampi che ricordano una piccola terrina. Con l’acqua di cottura, a cui viene aggiunto il miso di fagioli prodotto dall’azienda Fermento, ridotta al massimo, si ottiene una salsa dal gusto particolarmente intenso e dalla colorazione molto scura che viene inserita a piccole gocce nel piatto insieme al melone cantalupo sbucciato, frullato e condito.

Ogni terrina di fagioli vede l’accompagnamento di una maionese di salvia ottenuta dalla cottura in olio delle foglie per 12 ore. L’olio viene poi filtrato e montato insieme a latte di soia. Al piatto vengono infine aggiunti azuki rossi e azuki verdi, due tipologie di fagioli piccoli, bolliti e conditi con olio, sale e pepe.

2Anthony Genovese, il Pagliaccio

A Il Pagliaccio a Roma il percorso vegetale comincia diversi anni fa e Anthony Genovese ce ne parla con entusiasmo.

«Trovo che rendere la verdura protagonista sia un gesto estremamente affascinante, difficile ma proprio per questo ancora più stimolante. In Italia siamo ancora un passo indietro per ciò che riguarda la richiesta. Diciamo che da parte di clienti provenienti dal centro sud del Paese, per le quali tradizionalmente la verdura è la regina di molte ricette, c’è sicuramente più apertura mentale. A chiedere più spesso il percorso vegetale sono soprattutto gli americani, per i quali anche una cena stellata può essere concepita senza carne né pesce.

La sfida più grande a mio parere è quella di rendere un secondo piatto vegetale appetitoso e godibile quanto uno di carne e di pesce». Tra le sue ricette cult troviamo il Carciofo alla giudia che viene prima cotto in un brodo profumato con diverse spezie come aglio, rosmarino e maggiorana e poi fritto con farina di riso e di maizena. Viene servito con acqua di aceto e polvere di mugo e accompagnato dal suo gambo, tagliato sottilmente. Per le verdure Genovese si rifornisce da due contadini fuori Roma che gli consentono di lavorare prodotti sempre freschi e stagionali, spesso poco usuali come il papavero, ad esempio, che viene ripassato in padella come una cicoria. Il risultato è una esplosione di sapori e di profumi.

3Sauro Ricci, Joia Milano

Chi del vegetale ha fatto il suo cavallo di battaglia, che lo ha portato ad avere numerosissimi riconoscimenti, è Joia a Milano. A raccontarci l’idea di secondi piatti senza carne né pesce è lo chef Sauro Ricci. «La categoria dei secondi piatti all’interno della cucina si focalizza sulla struttura della proteina alla quale cerchiamo di dare più enfasi possibile. La produciamo da soli mixando all’humus un grasso vegetale o attraverso la tecnica indonesiana del tempeh che facciamo con soia italiana tagliata con altri legumi come fave, piselli o fagioli dell’occhio». Ricci ci spiega il suo tempeh di fagioli di soia. «Vengono cotti al dente, fatti raffreddare a temperatura ambiente e inoculati con il fungo rhizopus oligosporus che lavora sui carboidrati e sulle proteine producendo una muffa nobile simile a quella del camembert. Il tutto viene messo in un sacchetto forato in cui si sviluppa la fermentazione e che serve a dare una forma al panetto. Il composto, una volta raggiunta la solidità, viene tagliato e tostato in padella su due lati, poi sfumato con salsa di soia che dà gusto e sapidità. Il piatto, chiamato Profumo, viene servito con un’insalata di melanzane, germogli e fiori e cetriolo». Il tempeh è sempre presente in carta. L’ultimo ideato è quello di lenticchie accompagnato da un carpaccio di pomodoro camone e da melanzana giapponese. Essendo legati a stretto filo con il concetto di biologico si servono di fornitori che garantiscono questa pratica, come Naturasì e contadini locali.

4Nicola Portinari, chef de La Peca a Lonigo

Nicola Portinari è lo chef del ristorante La Peca a Lonigo. Qui l’attenzione al biologico e la ricerca di piccoli produttori bio, che va avanti da nove anni, ha fatto crescere l’interesse verso i vegetali che ha dato vita ad un menu interamente dedicato ad essi. «Rifornirsi da contadini che credono nel biologico inteso come prodotto sano, genuino, vero e che segue rigorosamente la stagionalità mi ha permesso di poter lavorare quotidianamente una materia prima eccellente e di poter creare piatti di grande impatto gustativo. Con i fornitori abbiamo un rapporto costante e diretto e possiamo avere le verdure nei vari momenti della loro crescita e giocare con diverse pezzature e caratteristiche.

Il menu vegetale lo abbiamo in carta da due anni e ne siamo orgogliosi». Tra i secondi piatti Portinari ci racconta la verza. «La bellezza di questo piatto è che siamo riusciti a trasformare una verdura povera in qualche cosa di ricco e di elegante». Il procedimento vede la cottura della verza per un’ora circa a 80 gradi, dopodiché viene fatta fermentare. Si ottiene così una mattonella, cucinata e poi macerata. La serviamo con nocciola, aglio nero, e glassa di verza che viene ottenuta grazie all’utilizzo di Ocoo, una macchina coreana, simile ad una pentola a pressione ma capace di lavorare a temperature più basse. Completiamo il piatto con due foglie di oro». Altro vegetale che diventa il protagonista di un secondo piatto intrigante è il carciofo, cotto sottovuoto, rosolato in padella e caramellato. Vengono poi aggiunti nepetella e succo di ciliege marasche e guarnito con foglie di shiso fritte e fresche. Le ricette che compongono il menù vegetale sono presenti in parte anche negli altri. «Una maniera a mio avviso per avvicinare ogni giorno di più i clienti ad un concetto di vegetale inteso non come accompagnamento ma come primo attore».

5Raffaele Lenzi del ristorante Sereno al lago

Raffaele Lenzi del ristorante Sereno al lago, sul lago di Garda, è anche lui un fan dei vegetali. «Li mangio molto e anche per questo sono al centro della mia filosofia di cucina. Se parliamo di secondi piatti a mio avviso ciò che deve essere assolutamente  ricercato e riprodotto per appagare il palato è la fonte proteica che, anche se vegetale, deve essere capace di stupire e di saziare sia in termini di vista che di sapore». Il seitan è una delle proposte a firma Lenzi. Si ricava dalla proteina del glutine del grano che dà vita a una pasta “morta” senza lieviti. Una volta ottenuta questo composto si procede al suo lavaggio in acqua, fase che dura circa due ore e che serve per eliminare l’amido. Si ottiene così un impasto gelatinoso che viene chiuso in un sacchetto per essere cotto in un brodo di funghi. Si creano quindi dei medaglioni che vengono poi glassati con un ristretto fatto di verdure come sedano, carote, cipolle e maizena o Kuzu, e conditi con zenzero candito e crauti.

Altro piatto di bell’impatto è il tofu di bufala servito con conserva di pomodori e topinambur. Il latte di bufala viene messo a cagliare con il nigari, portato fino a 36 gradi e dopo posto nelle fuscelle. Viene quindi piastrato e servito con confettura di pomodori san Marzano o patatine di topinambur. Questi piatti si possono avere su richiesta oppure scegliendo il menù Radici, tuberi e vegetali che Lenzi propone da ben 8 anni.

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