In Italia la pasta ripiena, dalle trattorie fino ai ristoranti gourmand, resta un punto saldo. Cambiano le diete, i gusti e le mode ma delizie come ravioli, tortelli, cappelletti non scendono mai dal podio dei piatti più amati dai cuochi e dai clienti. Gli chef che abbiamo intervistato sono tutti concordi nell’affermare quanto la pasta ripiena sia golosa e versatile e quanto la clientela la apprezzi. Averla in carta è indispensabile sia per assecondare i gusti dei clienti, sia per dare sfogo alla fantasia del cuoco, grazie alle molteplici farce e condimenti che consente di creare. Carne, pesce o verdure diventano gustosi ripieni e la pasta acquista un involucro più sottile o più spesso a seconda di ciò che racchiude o a seconda dei gusti di chi la prepara. Uova intere o solo tuorli, oppure uova intere con aggiunta di tuorli: ogni chef ha la sua ricetta, collaudata spesso da molti anni, che gli consente di servire a tavola un piatto personale, frutto di ricerca ma anche di tradizione, spesso familiare.
A raccontarci cosa succede a La Leggenda dei Frati a Firenze, in una delle location più spettacolari della città, è Filippo Saporito. «L’argomento mi interessa molto e mi piace anche mangiarla. Ad occuparsi della pasta ripiena sono mia moglie Ombretta Giovannini e il nostro responsabile della cucina Dario Messina. Per noi la pasta ripiena ha sempre strizzato l’occhio al territorio e molto spesso anche alla tradizione». Attualmente ci sono in menu due piatti che evidenziano studio e creatività. Uno è il cappelletto alla cacciatora che trae ispirazione dal pollo alla cacciatora. «Il pollo diventa il ripieno del cappelletto mentre i condimenti classici della cacciatora - ovvero patate, olive e pomodorini - il condimento. Per il pomodoro facciamo un ristretto molto saporito. Le patate, cotte a parte così da ottenere un bel sentore di arrosto, vengono fatte a purea. Le olive invece sono essiccate. Il piatto viene poi ultimato con del fondo di cottura ottenuto dalle ossa del pollo».
La pasta a La Leggenda dei Frati viene fatta con farina 00, molti tuorli e uova intere. Lo spessore della pasta è un tema spesso di confronto con Ombretta e Dario. Si provano diversi spessori, a seconda del ripieno, per poi arrivare a eleggere il migliore. «La tendenza, comunque, è quella di voler servire una pasta che sia da masticare, non sottilissima e di impatto al palato, capace di non sovrastare il ripieno pur restando sempre ben presente al morso».
L’altro piatto nasce da un intuito di Dario Messina che ha tratto ispirazione da una ricetta tradizionale toscana: il Sedano alla pratese con carne di vitello e maiale, a cui a volte viene aggiunta mortadella di Prato, cotte in forno. «Utilizziamo carne di vitello, mortadella e maiale per creare la farcia di piccoli cannoli. Il sedano diventa, in questo caso, il condimento ottenuto dall’estrazione di esso e delle sue foglie. Vengono poi aggiunti il fondo di cottura fatto con gli scarti di vitello, una spuma di sedano che viene spremuta all’interno del cannolo e dadini di mortadella. Terminiamo il piatto con polvere di sedano essiccato».
Daniele Usai, chef del ristorante stellato Il Tino e del ristorante Quarantunododici a Fiumicino, ci racconta il suo pensiero. «La pasta fresca a mio avviso è un qualche cosa di estremamente versatile ed è proprio per questo che mi piace farla e servirla. Con essa in cucina si può giocare e divertirsi perché sono davvero infiniti i modi in cui è possibile proporla e interpretarla. Nei mie due ristoranti è molto presente in carta». Al Tino attualmente Usai ha due paste ripiene.
Il cappelletto ripieno di stracchino e di noce moscata e Parmigiano Reggiano ricalca un’antica ricetta locale. «Mia nonna, che lo preparava, era di Ostia Antica. Tutto l’Agro Pontino fu bonificato dai ravennati a cui si deve anche questo piatto. Secondo tradizione viene servito con brodo di pollo e di manzo ed è tipico delle feste invernali, come Natale ad esempio. Con lo stesso ripieno ho voluto fare una versione marinaresca, servendolo con bisque di gamberi rossi, polpa di gamberi crudi e quattro tipologie di alghe. Allo stracchino, che proviene dall’azienda locale A Mano, aggiungo uovo e noce moscata».
Per la pasta utilizza un 60/65% di semola rimacinata e solo il rosso delle uova: per 1,2 kg di farina aggiunge 800 grammi di tuorlo. La pasta è molto sottile ed i cappelletti sono estremamente piccoli, garantendo così anche un bellissimo impatto visivo. La bisque è fatta con la macchina Ocoo, acquistata in Corea, che consente di ottenere grande concentrazione di sapori e note terziarie assai complesse.
Altro piatto di pasta ripiena attualmente in carta è il bottoncino ripieno con polpa cruda di gamberi rosa mantecato con bisque ridotta allo zafferano. Sopra viene grattato del rafano e il piatto viene ultimato con nasturzio fresco, da lui coltivato, e olio al nasturzio. Per fare in modo che i gamberi restino crudi, anche una volta che i bottoncini sono stati bolliti, abbatte prima i crostacei creando così un gioco di temperature tra il ripieno, fresco, ed il condimento caldo.
Al ristorante con una stella rossa e una verde Dattilo in Calabria la pasta ripiena non solo è un must, ma viene preparata espressa, al momento dell’ordine. «Reputo la pasta fresca una dei piatti più interessanti che esistono, soprattutto quando si tratta di pasta ripiena». Ci racconta la chef e titolare Caterina Ceraudo. «Nonostante non sia tipica della cucina calabrese è sempre presente nel nostro menu e mi diverto a dare vita a diversi ripieni che cambiano in base alla stagionalità dei prodotti. La tiriamo a mano e viene fatta nel momento in cui arriva in cucina la comanda. So che è davvero raro poter trovare una pasta ripiena espressa e sono felice di offrire questa esperienza ai mie clienti. Io stessa preferisco assaporarla appena fatta perché ha sicuramente una spinta in più».
Caterina ci parla del suo raviolo di ricotta con latte crudo di pecora, ginepro, acqua di pepe, acqua di ginepro ed olio. Il raviolo viene farcito con la ricotta leggermente scolata, glassata con il latte di pecora e condita con acqua di pepe, ottenuta dall’estrazione di pepe bianco, acqua di ginepro e del ginepro essiccato. Terminano il piatto con un filo d’olio di loro produzione, ovvero dell’azienda agricola Ceraudo (dove fanno vino e olio e dove hanno camere per l’ospitalità). «È una preparazione molto golosa e coinvolgente che richiama il sentore della zuppa di latte. La piccantezza del pepe e il ginepro, che dona sentori balsamici, rendono la ricetta ancora più particolare. La pasta, in questo caso, è un velo».
La base della pasta a Dattilo varia a seconda del ripieno: con un ripieno un po’ più duro vengono aggiunti più albumi in modo da rendere l’impasto più elastico. Se invece la farcia è più morbida si dà vita ad una pasta con meno albume. In entrambi i casi viene utilizzato un mix di farina di semola e di grano tenero. Lo spessore varia anche esso a seconda del ripieno.
Nel menu estivo viene proposto un tortello con all’interno peperoni e glassato con caramello di peperoni. In questo caso la farcia, essendo liquida, necessita di una pasta più spessa che dà sostegno al morso.
Allo stellato Villa Maiella in Abruzzo uno tra i piatti signature è proprio una pasta ripiena. «Il raviolo con burrata, salsa di zafferano e lenticchie è stata un’idea di mia madre di molti anni fa -. ci racconta lo chef Arcangelo Tinari - È il nostro piatto forte ed è sempre presente in carta». La farcia è semplice, fatta con burrata e con mandorle, per dare risalto alla qualità dei prodotti che utilizziamo. «Ciò che rende questo piatto particolarmente interessante e capace di non stancare mai il palato è il connubio tra la parte acidula conferita dalla burrata e la grassezza data dalla crema di zafferano che viene preparata con panna di affioramento ridotta e con pistilli di zafferano in infusione». Le lenticchie, una volta reidratate e cotte in padella o al forno, costituiscono la parte croccante del piatto. Oltre a esso in carta è possibile trovare via via altre ricette di pasta fresca che raccontano la ricchezza produttiva del territorio e la sua versatilità. Ne è un esempio il raviolo con lumache di terra di Bacri, piccole e dal sapore delicato e salmastro, e broccolo pugliese. «Le lumache, una volta che sono state spurgate, lavate, private dell’intestino, che conferisce sensazioni amarognole, e bollite vengono saltate con burro aromatizzato ed erbe di vario tipo come shiso, dragoncello, «un’erba immortale» e cerfoglio. Con esse creo la farcia dei ravioli che, una volta cotti, servo con estratto di rape». Per la pasta a Villa Maiella si utilizza farina di grano tenero doppio zero e una parte di semola rimacinata. Le uova sono sempre intere. Le farine provengono dalla loro azienda agricola dove ottengono dalla 00 fino alla 2 e da aziende locali da cui si riforniscono di diverse varietà antiche come il senatore Cappelli e la saragolla. Lo spessore è sottile, quasi trasparente, lasciando così alla farcia il ruolo di protagonista.
Per Valeria Piccini del bistellato Da Caino a Montemerano (Gr) la pasta ripiena è un must della cucina italiana. «Ne sono ghiotta e non mi stanco mai di prepararla e di proporla nei miei menu, dove è sempre presente». La prima ricetta che ci racconta trasmette al massimo l’amore che nutre verso questa tipologia di piatto: si tratta delle pappardelle accoppiate, ovvero due pappardelle che diventano il contenitore di una farcia fatta con Parmigiano Reggiano, o formaggio di fossa, e con aglio e rosmarino che vengono poi condite con un ragù di faraona, zucchine e pomodorini.
«La pasta è sempre la stessa e segue un’unica ricetta. Ciò che cambia in base alla ricetta è il suo spessore. Per me deve essere fatta con uova rigorosamente intere che a mio avviso garantiscono una consistenza migliore e un gusto che preferisco». Per 10 uova utilizza 300 grammi di semola e 700 grammi di farina doppio zero a cui aggiunge un po’ di olio extravergine ed un pizzico di sale. Per ciò che riguarda lo spessore tutto dipende dal tipo di farcia presente. «Se il ripieno è cremoso e semiliquido serve un contenitore sottile, mentre se è consistente e saporito, come di carne, per esempio, allora lo spessore della pasta deve essere più alto. Devono camminare di pari passo per ritagliarsi ognuno lo spazio che meritano».
Da lei, regina della ristorazione maremmana, non possiamo non farci raccontare il tortello maremmano che ha sempre in carta nel bistrot. «Ogni famiglia aveva la sua ricetta e io ho voluto portare avanti quella della mia che vedeva nell’impasto l’utilizzo anche di cannella insieme a spinaci e ricotta. In estate preferisco condirli con burro e salvia che ritengo sia anche il modo migliore per gustare un buon tortello maremmano, mentre in inverno ho la versione anche con il ragù che cerco di preparare in maniera più delicata aggiungendo carne di pollo. A richiesta preparo anche la versione meno diffusa, ma che guarda sempre al passato, con zucchero e cannella come condimento».
Altro piatto di pasta ripiena che ci tiene a raccontarci è il raviolo all’olio. «Si tratta di un raviolo finissimo, in quanto la pasta deve cuocersi velocemente così da non alterare il sapore dell’extravergine, che condisco con una coulisse di pomodoro». Una ricetta semplice, elogio della italianità e dei suoi prodotti. ≈