Una scelta di vita. Dietro a SantoPalato c’è il bivio davanti al quale si era trovata Sarah Cicolini alla soglia dei trent’anni: un percorso per diventare il braccio destro di qualche chef stellato o un salto nel vuoto? Lei ha scelto il secondo, creando qualcosa di personale, com’è SantoPalato a Roma, in cui mescolare le tecniche apprese e la passione per la “cucina della nonna” per il quinto quarto, per le ricette della tradizione, oggetto di modernizzazione. Il salto nel vuoto è stato premiato dal grande riscontro di pubblico e critica, con vari riconoscimenti di guide cittadine (i Cento per esempio l’ha eletto miglior novità del 2017).
SantoPalato è in zona San Giovanni, un quartiere che si sta risvegliando da decenni di torpore, anche grazie all’attivismo del socio di Sarah Cicolini, Marco Pucciotti, già patron della trattoria Epiro, socio della pizzeria Sbanco e da poco impegnato con la nuova avventura di Blind Pig. Tutti a meno di due chilometri dalla basilica vaticana di San Giovanni.
Piccolo nelle dimensioni, ma essenziale. SantoPalato si presenta con due vetrine su strada e l’aspetto di una trattoria vintage ispirata all’omonima trattoria futurista aperta a Torino nel 1931. Dal pavimento in marmette ai tavoli con il top in marmo o legno, passando per i bicchieri da osteria e i piatti da credenza. Un set da trattoria d’altri tempi, quindi, come d’altri tempi sono i prezzi. Una media di 35 euro vuol dire stare più bassi perfino delle trattorie che a Roma vengono chiamate “sprucide”.
«Mi rivolgo alle famiglie - dice Cicolini - e molto ai clienti del quartiere. Tenendo i prezzi bassi riesco a fidelizzarli e farli tornare perfino due volte nella stessa settimana». Senza contare che il pubblico si è attestato sulla fascia dei trenta-quarantenni, anche grazie al fatto che il team è fatto da ragazzi giovani. Uno zoccolo duro, inoltre, come spiega Sarah, è garantito dagli appassionati di vini naturali, attirati dal fatto che da SantoPalato la carta è composta al 95% da una selezione di questo tipo di vini. Nel menu, invece, piatti della tradizione romana, dalla carbonara all’amatriciana, e molte rielaborazioni più o meno tipiche del quinto quarto, che ultimamente nella capitale è oggetto di riscoperta. «Cambio frequentemente il menu, ma un piatto che sicuramente non riesco a togliere è la frittatina di rigaglie. La faceva mia nonna, quando si ammazzavano i polli in campagna, e curiosamente è diventato uno dei più apprezzati».
Proprio la gestione del quinto quarto come materia prima è alla base di un ripensamento di parte della carta, inizialmente improntata in maniera più convinta sulle interiora. Può sembrare una scelta ruffiana, ma non è così. «Chi viene da noi sa che lavoriamo molto quinto quarto, così non è un problema vendere certi piatti, tuttavia dobbiamo fare i conti con due fattori: reperibilità e deperibilità». A parte il maiale, che Cicolini acquista dagli specialisti di Pork&Roll, la carne arriva dalla macelleria Liberati, una delle più famose in città. Ma c’è un problema: «Da Liberati - spiega Sarah - lavorano solo bestie intere, per questo ci sono alcuni ingredienti che si trovano in grande quantità, come appunto le rigaglie di pollo, e altri che hanno problemi di rifornimento, come le animelle». Senza contare la deperibilità delle interiora: «Abbiamo uno spazio limitato e lo stoccaggio è difficile, così bisogna comprare solo quello che si è sicuri di vendere». Per bilanciare, quindi, Cicolini ha rivisto la carta allargandosi a piatti senza interiora, senza però tralasciare i grandi classici come la trippa alla romana o rielaborazioni molto riuscite come la terrina di lingua con giardiniera home made. Ulteriori divagazioni in zona quinto quarto, spesa permettendo, sono consentite dalla lavagna: «È il nostro modo di giocare con piatti e ingredienti sempre nuovi».
Altro elemento che è cambiato dopo i primi mesi di rodaggio è stato l’innesto di un terzo elemento in cucina, anche se, denuncia Cicolini, è difficilissimo formare e tenere in casa dei ragazzi, in una situazione come quella di SantoPalato.
«Se per me aprire Santo Palato è stata una sfida con me stessa, posso comprendere che per un ragazzo giovane, che sta facendo il suo percorso dalle scuole agli stage, l’esperienza nella nostra cucina sia solo una fase di passaggio. Un parco giochi fra materie prime che difficilmente si trattano in cucina e ricette della tradizione, che servono come base culturale». Ma formare questi ragazzi è un lavoro, che viene vanificato appena loro se ne vanno via. «Anche per questo ci ho messo tanto a organizzarmi prima di decidere di aprire a pranzo. Abbiamo dovuto prima consolidare la squadra e allungare la panchina per riuscire a raddoppiare i turni». Insieme alla sua ricerca dei piatti della tradizione non solo laziale, ma regionale in genere, con l’obiettivo di far diventare SantoPalato un vero e proprio viaggio nelle osterie d’Italia. «Per cominciare, a breve andrò a passare il mio giorno libero a Catania. Andrò ad assaggiare tutto ciò che riesco in poche ore, ma partendo non dalle cucine stellate, ma dallo street food o, perché no, nelle case. Nella mia formazione è stata l’esperienza da chef a domicilio quella da cui ho appreso di più».