Una cucina personale, unica e autentica. Così Adriano Baldassarre definisce sé stesso e la sua cucina in quel del Tordomatto. Un progetto partito nel 2004 a Zagarolo (stella Michelin nel 2007), che aveva chiuso i battenti dopo qualche anno per poi risorgere come una fenice nel 2016 in centro a Roma. Subito messo sotto i riflettori dalle principali guide, Tordomatto già nel 2018 era fra i nuovi stellati della capitale.
Un riconoscimento particolarmente importante per la cucina di Baldassarre, che si è collocato fuori dal coro per diversi motivi: per prima cosa il fortissimo ancoraggio alla cucina di tradizione, poi l’atmosfera che lui definisce casalinga (seppur molto raffinata) contornata da prezzi relativamente bassi per un ristorante fine dining (menu degustazione che vanno dai 50 ai 90 euro), e poi per la scelta abbastanza eroica di aprire in un quadrante poco battuto nonostante la centralità e i numerosi punti d’interesse. Siamo infatti in zona Cipro, a due passi dai Musei Vaticani e con vista sul Cupolone, proprio dietro al famoso mercato Trionfale, il più grande della Capitale: un quartiere che appare turistico, ma che si configura più che altro come residenziale e raramente viene preso in considerazione per mangiarci o dormirci.
Una sfida nella sfida, quindi, che affonda le radici nella convinta romanità di Adriano Baldassarre. «La città - afferma lo chef - va spinta. Non va bene parlarne sempre male, bisogna dire quel che c’è di buono». Sulla stessa lunghezza d’onda anche la recente apertura di Avvolgibile, indirizzo popolare in zona Appia, che vede Baldassarre nuovamente impegnato con il socio Fabrizio Macchioni, già presente nell’asset di Tordomatto.
I menu del Tordomatto
Da Trionfale all’Appia, Baldassarre si colloca nei quartieri più veraci della capitale, puntando tutto sulla gastronomia, uno degli aspetti più vincenti della romanità. A riprova di questa sua convinzione e di questo amore per Roma, Baldassarre nel suo Tordomatto ha inserito con decisione nel menu sia la cucina di tradizione che la città con i suoi rioni. È il caso del menu degustazione che più lo rappresenta, quello intitolato “Tradizione In-Progressione” (90 euro).
È un viaggio che parte dai rioni di Roma a cui sono dedicati i piatti e che trova nella tradizione solide radici, pur essendo chiari i richiami ai numerosi viaggi dello chef. Quell’In che precede la parola progressione sta infatti per India, Paese in cui Baldassarre ha trascorso due anni e che lo ha particolarmente affascinato con i suoi sapori. Come spiega lui stesso: «La cucina romana rimane altamente riconoscibile nei miei piatti, ma si notano le influenze esterne». Un esempio? La cacio e pepe con la curcuma, in menu da aprile, che a vederla in foto si direbbe una carbonara.
E se il menu degustazione a 50 euro, dal titolo “Sapori in libertà”, consente ai commensali di pescare quattro portate dal menu; l’altro che si intitola, non a caso, “Sapori quotidiani” (proposto a 70 euro) riprende i piatti del giorno delle case romane, dal classico baccalà del martedì agli ancora più classici gnocchi del giovedì, passando per, quasi un obbligo, la trippa del sabato.
Recenti lavori di ristrutturazione hanno infine portato delle migliorie. Rivoluzionata soprattutto la cucina, che Baldassarre ha voluto circolare: «Ho voluto fortemente che avesse questa forma, perché penso che bisogna guardarsi in faccia per avere più sinergia». D’altra parte lo chef crede che l’armonia sia la colonna portante del successo di una cucina, insieme a serietà e professionalità. Capirsi con uno sguardo, insomma, ma anche essere pronti a scherzare e sdrammatizzare a servizio finito, come succede con il suo braccio destro Francesco D’Agostino, con Baldassarre da 15 anni.