Quando si parla di attrezzature per equipaggiare una cucina professionale si pensa subito ai piani cottura, ai forni, agli abbattitori e alle celle frigorifere. Le cappe, e in generale tutti gli strumenti per l’aspirazione dei fumi e dei vapori, sono percepiti come un mondo a parte, qualcosa che ha poco a che fare con la qualità del prodotto servito e su cui si può ragionare anche in un secondo momento. Ma le cose non stanno esattamante in questi termini.
L’efficienza di cappe o soffitti aspiranti si intreccia in modo molto stretto con quella dei sistemi di ventilazione e climatizzazione della cucina nel creare una situazione di comfort, che mette il personale in condizione di lavorare nel migliore dei modi e di fornire un prodotto di alta qualità.
Esiste perfino una normativa tecnica europea, la UNI EN ISO 7730, che stabilisce come calcolare la sensazione termica percepita da un essere umano in un ambiente chiuso: in altre parole, se sta bene, se ha troppo caldo, troppo freddo, oppure se prova una sensazione di disagio, determinata per esempio da correnti d’aria, da temperature differenti all’altezza dei piedi e della testa o, ancora, dall’esposizione a fonti di calore o di freddo che provocano una sensazione asimmetrica di caldo-freddo. È quella che si dice ergonomia dell’ambiente termico, che ha un’importanza perlomeno equivalente all’ergonomia dell’ambiente di lavoro e, cioè, alla disposizione e collocazione delle attrezzature concepita in modo tale da facilitare le operazioni e affaticare meno il personale.
Ebbene, uno studio condotto negli Stati Uniti su un centinaio di cucine professionali di diversi esercizi, dal fast food al ristorante stellato, ha evidenziato che nella maggior parte dei casi il personale è esposto, sia d’estate che d’inverno, a condizioni termiche fuori dagli standard della norma ISO. Questo vuol dire che nelle cucine, mentre si pone giustamente attenzione al flusso di lavoro, alla facilità d’uso delle attrezzature, all’altezza dei banconi, si continua a trascurare quella che è forse la principale causa di fastidio per il personale, cioè una corretta realizzazione degli impianti che devono aspirare i fumi e i vapori.
Non solo. Questi impianti hanno anche un peso importante sulla bolletta energetica dei ristoranti. Secondo un’analisi condotta sempre negli Usa dalla US Green Restaurant Association, l’associazione americana dei ristoranti “verdi”, la climatizzazione della cucina assorbe il 17% dei consumi di energia necessari al suo funzionamento, mentre ad aspirazione e ventilazione si può imputare un altro 11%. Se si pensa che negli Stati Uniti l’intero settore del foodservice paga una bolletta di 10 miliardi di dollari, di cui 8 solo per il funzionamento delle cucine, se ne deduce che circa 2 miliardi e 150 milioni di dollari se ne vanno ogni anno soltanto per il trattamento dell’aria nelle cucine professionali. Considerando poi che un ristorante in Italia spende in media, in energia elettrica, 9.000 euro l’anno (dati Ascomac risalenti al 2013), possiamo quantificare in quasi 2.500 euro l’anno il costo medio per il trattamento dell’aria nella cucina. Ma, sottolinea ancora la US Green Restaurant Association, questo avviene perché abitualmente impianto di climatizzazione e aspirazione sono progettati in modo separato, addirittura affidati ad aziende diverse, e finiscono per entrare in conflitto tra di loro, creando sprechi e diseconomie. Secondo l’associazione americana basterebbero pochi accorgimenti per dimezzare questa voce di spesa. E non c’è ragione di credere che anche in Italia non sia possibile affrontare questo argomento in modo diverso.
Che cosa fare allora? Gli approcci al trattamento dell’aria in una cucina professionale sono tanti e sono cambiati nel corso del tempo. È importante rivolgersi ad aziende e progettisti che conoscano nel dettaglio l’argomento e che molto raramente sono anche i fornitori delle altre attrezzature di cucina. Un tempo l’orientamento prevalente era prevedere una cappa dedicata a ogni apparecchiatura che producesse fumi di cottura, ma questo è un approccio che tende sempre più a essere abbandonato, soprattutto quando gli strumenti utilizzati sono tanti e posizionati separatamente nello spazio, come piani di cottura, forni, salamandre, friggitrici, cuocipasta o altro. L’approccio prevalente, oggi, è considerare l’ambiente della cucina nella sua totalità, come un unico sistema. In questo modo, anziché avere tanti apparecchi aspiranti quanti sono quelli di cottura, si realizza un unico impianto: è il soffitto aspirante, progettato su misura e dimensionato in base all’apporto totale di fumi e vapori determinato dal complesso delle attrezzature utilizzate in cucina.
La realizzazione di impianti di questo tipo risponde a precise norme e ad accorgimenti che soltanto una solida conoscenza della materia e delle tecnologie consente di padroneggiare. Bisogna rivolgersi a specialisti, insomma. Per fare un solo esempio, le sezioni delle canalizzazioni dei soffitti aspiranti, il modo in cui si intersecano tra di loro e i materiali di cui devono essere fatte devono rispondere a precise indicazioni. Errori nei calcoli o anche solo nel montaggio possono portare a difetti di funzionamento che poi si ripercuotono negativamente sul lavoro degli operatori e sui costi. I vapori e i fumi di cucina, poi, sono saturi di grassi, che si possono depositare all’interno delle canalizzazioni e provocare gocciolamenti tra i punti di giunzione, se queste sono state realizzate male.
Un aspetto molto importante, inoltre, è quello del calcolo dei volumi di aria estratta dalla cucina e quelli del suo reintegro. Se, infatti, ci si limita a espellere l’aria, si produrrà una depressione tra la cucina e gli ambienti vicini, sala del ristorante compresa, che determina correnti d’aria e, soprattutto, flussi all’interno del ristorante di aria climatizzata in estate, o riscaldata in inverno. Creare queste correnti interne è dannoso, non solo per il comfort degli ospiti, ma soprattutto perché provoca un aumento esponenziale dei costi elettrici, in quanto si costringono gli impianti di climatizzazione a un superlavoro. I soffitti aspiranti di ultima generazione sono quindi quelli “a compensazione”, in cui, cioè, l’aria estratta dalla cucina viene compensata da una quantità di aria aspirata dall’esterno. L’aria in ingresso viene trattata con filtri e anche con scambiatori di calore, che recuperano parte dell’energia termica dell’aria in uscita per trasferirla a quella in entrata. In questo modo non si avranno fastidiosi sbalzi di temperatura nella cucina.
Un’ulteriore tecnologia è quella dei soffitti aspiranti a induzione che, oltre al reintegro d’aria dall’esterno, utilizzano un sistema per immettere parte dell’aria aspirata a una determinata velocità nell’ambiente, calcolata in modo da miscelarla in modo omogeneo con quella presente nella cucina.
Anche grazie a questo accorgimento non si creano correnti d’aria o sensazioni fastidiose per il personale e si ottiene un comfort ideale nell’ambiente di lavoro.